Giustino Farnedi

Farnedi
Giustino Farnedi è monaco benedettino (1959). Nel 1990 è eletto abate del monastero di San Giacomo a Pontida. Attualmente è Conservatore del complesso abbaziale di san Pietro a Perugia e direttore dell’archivio storico. Dal 1982 è vicedirettore e amministratore del Centro Storico Benedettino italiano.
Diplomato in Biblioteconomia alla Biblioteca Apostolica Vaticana (1962), diplomato in Paleografia Archivistica e Diplomatica all’Archivio Segreto Vaticano (1965), ha ricoperto le seguenti cariche: Bibliotecario del Pontificio Ateneo Sant’Anselmo (1971-1986); Professore di Paleografia Latina nel Pontificio Istituto Liturgico di Sant’Anselmo (1971-1989); Direttore di Studia Anselmiana (1971-1989); Fondatore e primo Direttore di Ecclesia Orans (1984-1989); Direttore della Libreria Editrice Vaticana (1985-1988).
Tra le sue pubblicazioni : L’abbazia del Monte di Cesena nel Settecento (1991) ; Giovanni XXIII, Lettere familiari: 152 inediti dal 1911 al 1952 (1993) ; Pontidae 1491-1991. Dalla liturgia cluniacense alla liturgia cassinese (1994) ; Guida ai Santuari d’Italia (1996) ; Guida alle Chiese di Roma (1999). Negli ultimi anni ha pubblicato vari saggi e contributi sulla storia dell’abbazia di San Pietro di Perugia : Le cronache dell’Archivio : un maestro, il Galassi (2005) ; L’abbazia di San Pietro: una Rocca? (2006) ; La Colonia agricola di San Pietro 1862-1892 (2007) ; La Croce di Rosano nel contesto della spiritualità e della liturgia benedettina (2008) ; Spiritualità e potere nella cultura benedettina (2008) ; Don Costanzo Tabarelli (2008) ; Le chiese dipendenti da San Pietro (2008).
Attualmente collabora alla direzione di tesi di laurea a dottorato dell’Università di Perugia e ai corsi di Codicologia e Archivistica.

Titre et résumé de la conférence :

Bibbia e liturgia nelle espressioni documentarie e artistiche di San Pietro di Perugia

Lo studio delle Bibbie atlantiche, che tanto sviluppo ha assunto negli ultimi 10 anni, mi ha coinvolto nella ricerca storica del Monastero di San Pietro di Perugia, dove da 5 anni svolgo la mia attività di Conservatore del Monumento e di Direttore dell’Archivio storico. In questo ambito ho potuto constatare l’enorme ricchezza della produzione artistica conservata in basilica, che va dalla fondazione ad opera dell’abate San Pietro Vincioli nel 966 ad oggi. Pur ridotta nel numero dei monaci e nello spazio ad essi riservato, essendo il monastero occupato in gran parte dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Perugia, l’abbazia esercita da sempre la sua funzione monastica, spirituale, liturgica e culturale.

In questa mia ricerca vorrei dimostrare la perfetta sintonia e coerenza tra i documenti d’archivio e le opere artistiche. I documenti medievali, in maggior parte bolle pontificie del secolo XI e XII e i coevi placiti imperiali confermano e rinnovano la forza giuridica dell’abate nella sua esenzione dal potere vescovile e cittadino e nel suo legame coi Papi e gli Imperatori: essendo un monastero cittadino, questi documenti sono il fondamento della sua autonomia giuridica ed espansione, tanto da portarla a possedere un patrimonio fondiario di 3200 ettari nella valle del Tevere, da Perugia a Todi, con 500 famiglie alle proprie dipendenze e una popolazione di almeno 5.000 abitanti, e a fondare e dirigere 20 parrocchie, con 192 edifici sacri.

Questa condizione giuridica del monastero è espressa in due cicli pittorici in basilica: il soggetto maggiormente riprodotto è l’Apostolo San Pietro, cui la chiesa è dedicata fin dall’antichità, come prima cattedrale di Perugia come ricorda San Gregorio Magno; a questo seguono molti temi cristologici, mariologici e monastici. In questi cicli pittorici, vi è un costante accostamento fra la rappresentazione di San Benedetto, con la Regula Monachorum, e San Pietro Vincioli, suo rappresentante ideale nel monastero.

A far corona a questo soggetto istituzionale, gli abati committenti, seguendo il filone storico rappresentato dal celebre monaco fiammingo Arnoldo Wion, hanno rappresentato in due registri sulle pareti della basilica sopra le colonne, a destra e a sinistra, 9 Santi dell’epoca gregoriana e nel registro superiore 11 papi benedettini, molti dei quali santi, oltre che protettori del monastero. Si passa così dal documento giuridico alla rappresentazione visiva per tutto il popolo. Il nostro archivio, non ostante le soppressioni napoleoniche e dell’unità d’Italia, ha conservato quasi intatto il suo patrimonio documentario e in parte anche quello manoscritto medievale; nell’ambito del convegno, la mia conferenza si pone in stretta continuità con l’esposizione di Nadia Togni che illustra i libri atlantici posseduti dalla nostra abbazia.

A me il compito di illustrare l’uso liturgico delle Bibbie atlantiche e degli altri libri liturgici della stessa tipologia, testimoni della varietà e vivacità della tradizione liturgica dell’abbazia.

I teologi conoscono bene il pensiero e l’opera del teologo cinquecentesco Melchior Canus, secondo il quale la liturgia è un topos = locus theologicus, idea cara e sviluppata da teologo conciliare Cipriano Vagaggini. Partendo da questa idea, ho voluto sviluppare il principio che la liturgia, nelle sue espressioni artistiche permanenti, non solo è un locus theologicus, ma si afferma come importante locus historicus.

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